Al Millepiani, il Coworking di Garbatella, si fanno sempre incontri interessanti. Ultimamente sono inciampata in Dario Garofalo, attore olivicoltore (o viceversa) che cura ulivi liberi e produce olio buono e sano.
Dario, 43 anni, di origini trapanasi e una storia che sa di pane appena sformato, di olio, di quello denso, di limoncello e di un tempo che non c’è più, ma che in certi posti si respira ancora. Come in Sicilia, dove il racconto di Dario ha inizio.
“I più persistenti odori dell’infanzia sono legati a Castelvetrano, paese dei miei genitori, alla granita di limone delle zie di mia madre, suore laiche con lo stesso nome, e al magaseno dello zio Filippo, fratello di Antonina e Antonietta appunto, dove si conservava l’olio di famiglia, in giarre di terracotta. Mia madre periodicamente sversava l’olio in appositi bottiglioni di vetro verde con protezioni di plastica gialla; era un lavoro che solo lei poteva fare, mio padre su questo non aveva voce in capitolo. Tutto si svolgeva nel massimo silenzio, quasi per meglio sentire il gorgogliare grasso del liquido che si travasava e il suo odore. L’odore dell’olio. Il rumore della sua consistenza. E poi quella smorfia sulla bocca di mia madre, come ad accompagnare con le labbra ad imbuto il processo in atto. Neanche una goccia se ne perdeva. Imparai che l’olio è prezioso, e quella smorfia divenne mia”.
Con il passare del tempo e l’avanzare dell’età dei genitori le terre di famiglia vengono vendute. Anche Dario, come i fratelli, lascia la Sicilia per trasferirsi a Roma, dove l’aspettano gli studi prima e vent’anni di lavoro in palcoscenico poi. Ma l’odore persistente del passato non abbandona i suoi pensieri, e così eccolo, alla soglia dei 40 anni, il desiderio di ritornare alla terra.
“Avevo 35 anni ed ero stanco di certi aspetti ripetitivi e sclerotici del mio lavoro nel teatro – racconta – Auspicavo per me e la mia compagna una vita lontana dalla grande città, un luogo in cui la vita e l’arte potessero trovare il giusto elemento in cui consistere. Ed ero sempre più attratto dall’idea di un’agricoltura diversa”.
Un giorno il padre gli mostrò un terreno nella contrada Garraffo, che in arabo vuol dire ricco d’acqua (e da quelle parti non è poco): “Fu come un colpo di fulmine. Ebbi la sensazione che in quel luogo ci fosse qualcosa che mi appartenesse e nello stesso tempo qualcosa di sconosciuto, di impraticabile, una sfida”. Una sfida colta e vinta: “Dopo otto anni di studi e di lavoro, decine di sopralluoghi, migliaia di euro investiti… Otto anni di burocrazia, tra Soprintendenza, Asl, Anas, Amministrazione Comunale (a un certo punto commissariata) finalmente Garraffo, foresta alimentare con alloggi, è una realtà!”.
Il progetto è ambizioso: “Tre uliveti tra Selinunte e Castelvetrano, circa 1000 alberi di Nocellara del Belice e una lingua di terra meravigliosa, 5 ettari incolti accanto ai Templi di Selinunte, ma soprattutto un progetto di bioedilizia e di foresta alimentare da poco approvato dalle istituzioni: Garraffo TeatroTerra”
L’idea di Dario è sperimentare un’agricoltura permanente e sinergica, oltre il monocolore, la monocoltura, l’approccio commerciale: “Ho avviato da subito la conversione al biologico, ora ufficialmente riconosciuta (icea). Non pratico alcuna potatura annuale degli ulivi, lascio alla pianta i suoi tempi di produzione, seppur a scapito dei miei; faccio una raccolta prematura, con una resa percentuale minore. In molti la considerano prematura ma il prodotto è senza dubbio di migliore qualità”.
Le piante di Nocellara del Belice sono piuttosto piccole, non slanciate, con la spiccata tendenza dei suoi rami a pendere pesantemente verso il basso, gravati dal peso dei frutti, grossi come noci appunto: “Si tratta di olive tradizionalmente votate all’utilizzo da mensa, fanno un olio eccellente, con ottimi valori organolettici (bassa acidità, alta concentrazione di polifenoli) e dal fruttato amaro e piccante assai riconoscibile”. Un olio non per tutti i gusti e non per tutti i piatti, insomma.
“Per me l’olio è stato sempre e solo questo – afferma – se penso ad un’insalata, a pane e pomodoro o a pasta e ceci, su tutto sento il sapore dell’olio, che questi sapori esalta. Di contro il pesce l’ho sempre gustato senz’olio, a meno che non fosse tonno, quando c’era il tonno. I tempi sono cambiati, io non mangio più animali da molti anni e condivido questa scelta con i miei figli come allenamento alla non violenza”.
Anche i modi e i tempi di raccolta sono cambiati: “Ora si fa più attenzione alla pianta, alla molitura, alla conservazione. La prima volta che ho partecipato alla raccolta, da bambino, le olive si stipavano in cassoni all’aperto e alla fine della raccolta, dopo dieci, quindici giorni, si molivano tutte insieme. Ora si molisce al massimo entro 48 ore e i processi di raccolta e molitura sono parte del medesimo tempo. L’olio si conserva in fusti d’acciaio tenuti sotto vuoto dell’azoto liquido, non certo in giare di terracotta tappate con una pietra e un pezzo di legno umido. L’olio era buono lo stesso, era naturale. Ora è biologico”.
Ma certe pratiche son rimaste le stesse, soprattutto per chi, come Dario, vuole lavorare nel rispetto della terra: “Raccolta, inerbimento, sovescio, adacquamento… Occuparmi degli uliveti mi ha portato a conoscere queste pratiche, a prendere dimestichezza con i lavoranti del posto, con le loro esigenze e a imparare le non difficili pratiche colturali di una pianta generosa com’è l’ulivo”.
Dopo 8 anni dall’inizio di quest’avventura Dario è un uomo nuovo: “Mi ritrovo a 43 anni, con una famiglia che prima non c’era, con due meravigliosi bambini e alcune priorità che prima non avevo. Un’altra persona insomma. Con un piede a Roma e uno a Trapani, in una fase della mia vita di relativo stallo – conclude Dario – L’annata olearia 2017 è stata ottima per qualità e quantità. Anche troppo. Confidando su un accordo sulla parola, confeziono 500 latte da 5l e faccio arrivare tutto a Roma. L’accordo però salta. L’olio al momento è invenduto. Avverto istintivamente come questo evento, per quanto negativo, sia in accordo armonico con questa fase. E che la questione della terra abbia per me un solo possibile sbocco: il ritorno in Sicilia”.
Per chi ne volesse sapere di più del progetto o fosse interessato ad acquistare l’olio di Dario:
dariogarofalo01@gmail.com