Dal 2007 al 2016, nel solo territorio di Ferrara e provincia 500 negozi hanno abbassato la saracinesca per sempre. Nello stesso periodo sono aumentati supermercati e centri commerciali, ma a perderci non sono solo i negozianti, è tutta la comunità.
Ferrara è una città che conosco bene… in cui ho studiato e vissuto per tanti anni e che ho sempre amato: per la bicicletta, per le mura, per gli aperitivi ma anche per quelle viuzze ricche di botteghe, localini, piccoli negozi e scorci magici.
Oggi tornarci fa un po’ strano: grandi marchi per lo più stranieri si alternano a negozi di cinesi e serrande chiuse. Poi un po’ più in là, fuori da quel meraviglioso centro che è Ferrara, il boom dei gradi centri commerciali. Nello stesso periodo in cui hanno chiuso 500 negozietti, per lo più a conduzione familiare, nella stessa area, si è passati da 74 a 79 supermercati, da 16 a 21 grandi superfici specializzate, da 4 a 46 grandi magazzini. A cui si aggiungono 7 iper.
Cosa significa questo? Almeno 500 famiglie che hanno perso il lavoro (più eventuali commessi), piccole economie di quartiere che si sfaldano insieme alle relazioni che ne scaturivano, un impatto ambientale maggiore e una gravissima perdita di diritti, per tutti.
Significa più smog e meno socialità, perché diciamocelo, un giretto al centro lo si può fare pure a piedi o in bici (soprattutto in città come Ferrara) ma per andare al grande centro commerciale serve la macchina e il parcheggione vicino, meglio se attaccato. Perché in quei posti si ha sempre fretta. Fretta di trovare le cose tra le mille corsie. Fretta di pagare. Fretta di incassare e “avanti il prossimo”. Fretta di arrivare e fretta di andare via. Di certo non c’è tempo per quattro chiacchiere e come sta il nipote quando in fila in ognuna delle 20 casse ci sono oltre 20 persone che attendono.
Più inquinamento e meno diritti. La filiera lunga, qualsiasi filiera lunga, ha un impatto ambientale molto maggiore. Dalla produzione, che spesso nei Paesi extra Ue non è soggetta alla nostra legislazione in ambito ambientale e sanitario; al trasporto, migliaia e migliaia di chilometri su ruota, nave o aereo; dall’immagazzinamento, che oltre a luoghi deputati richiede anche le giuste temperature (climatizzazione, congelamento e riscaldamento) e la giusta illuminazione; all’imballaggio, per cui viene utilizzata la maggior parte della plastica.
E mentre aumenta l’inquinamento prodotto dalla grande distribuzione diminuiscono i diritti sindacali perché quando non si ha a che fare con Stati che tutelano i lavoratori vince il più forte e le regole del lavoro vengono dettate da grandi multinazionali che di certo non hanno a cuore il benessere o la dignità dei propri dipendenti.
Intanto chi li conosce?
Forse è proprio questo il punto. È che se conosci qualcuno crei una relazione, uno scambio basato sulla fiducia e sul rispetto. Tuteli un piccolo spazio di umanità in cui né chi compra né chi vende è solo un numero, un pezzetto di un ingranaggio. Insomma tuteli qualcosa di buono, che fa bene a tutti.
Ecco perché vivo senza supermercato e invito tutti a passare questo Natale lontano dalla grande distribuzione. Per aiutare loro e per vivere meglio tutti.
Ps. se volete rendere il vostro 2018 davvero rivoluzionario, provate a passarlo SENZA SUPERMERCATO! Impossibile? No! Anzi! facile e divertente! Volete capire come fare? Unitevi a me e Lucia Cuffaro nelle Giornate delle Buone Pratiche. Per imparare a riconoscere gli inganni della grande distribuzione, leggere le etichette, comprare locale, buono e solidale, autoprodurre ciò che ci occorre. Risparmiare soldi, tempo, guadagnarci in salute e vivere meglio!