Sempre più consumatori si dicono attenti alla propria alimentazione: cibi sani, coltivati senza pesticidi, magari a km0, stanno conquistando spazi sugli scaffali dei negozi e nei carrelli degli italiani. Ma, oltre alle materie prime, quanto influiscono sulla nostra salute gli strumenti che utilizziamo in cucina? Più di quanto possiamo immaginare.
Il Teflon
Pentole, mestoli e padelle non sono un corollario insignificante nelle nostre diete. Anzi. Da loro dipendono quali e quante sostanze “extra” vengono aggiunte al nostro piatto inconsapevolmente.
Tra i materiali più diffusi in cucina vi è, per esempio, il Teflon, nome commerciale dell’impronunciabile politetrafluoroetilene (PTFE). Un materiale utilizzato dall’industria per rendere più leggeri, facili da pulire, antiaderenti ed economici gli arnesi da cucina.
Le pietanze cucinate con questi tegami (e con tutte quelle pentole di acciaio, ghisa o alluminio con il fondo rivestito da uno strato di PTFE) sono in realtà condite con PFOA, un acido usato come tensioattivo che si libera a temperature superiori ai 240 °C e che fa parte della famiglia dei PFAS, composti sintetici utilizzati in tanti prodotti di largo consumo come K-way, rivestimenti di carta a uso alimentare, schiume antincendio e, per l’appunto, pentole antiaderenti, perché ne favoriscono l’impermeabilità e la resistenza ad acqua e grassi.
I danni provocati da queste sostanze
Il problema è che secondo vari studi, fra cui quelli condotti dall’Agenzia per la Protezione dell’Ambiente USA (EPA), questa sostanza può permanere nel sangue per anni, danneggiando fegato e apparato riproduttivo, predisponendo a malattie cardiache e cancro, incrementando la permeabilità cellulare nei confronti di altri composti tossici presenti nell’organismo (di cui potenziano gli effetti) e passando al feto in condizione di una eventuale gravidanza, causando possibili malformazioni e danni al nascituro. Ma non solo.
Stiamo parlando di sostanze che agiscono come interferenti endocrini e che l’Agenzia delle Nazioni Unite per la ricerca sul cancro (IARC) ha classificato potenzialmente cancerogeni per l’uomo. Tant’è che diversi Stati europei (e non solo) li stanno mettendo al bando. La Danimarca, per esempio, è il primo Paese Ue a vietarne l’uso nei contenitori alimentari.
A spingere verso questa decisione vi è un rapporto del Nordic Council, secondo cui l’esposizione a queste molecole costerebbe all’Unione europea tra i 52 e gli 84 miliardi di euro l’anno sotto forma di spese sanitarie.
Ne sa qualcosa la Regione Veneto dove, a causa dello sversamento di PFAS nelle falde acquifere, una popolazione di oltre 350mila persone e un’area che ricopre tre province è stata irrimediabilmente contaminata. Malgrado ciò, in Italia, non è stata presa ancora alcuna decisione legislativa in merito.
Leggiamo e scegliamo con attenzione!
Ma non dobbiamo aspettare leggi ad hoc, la dicitura “PFOA free” o “PFAS free” è ormai bene in mostra su molte merci. Basta leggere e scegliere con attenzione.