Il pizzo su carne, arance, pomodorini, olio e persino sul caffè nei bar… Al nord come al sud la mafia ha messo le mani sulla Grande Distribuzione Organizzata: dalla produzione alla distribuzione.
Cosa Nostra impone ai supermercati la «sua» merce, con sovrapprezzo all’origine, è ciò che emerge da una indagine della Guardia di finanza di Palermo che in questi giorni ha arrestato sette boss per associazione di tipo mafioso ed estorsione aggravata. Si tratta dell’ennesima storia in cui malavita e settore alimentare vanno a braccetto.
Pensate che, solo parlando di agromafia, si arriva a toccare un volume d’affari pari a 21,8 miliardi di euro (dati Coldiretti). Una cifra incredibile che è aumentata sensibilmente negli ultimi anni (con un più 30% nel 2017) e che continua a crescere. Dalla produzione al trasporto, dalla distribuzione alla vendita, l’intera filiera del cibo è ormai coinvolta.
Le conseguenze ci riguardano tutti, molto da vicino: vasti comparti dell’agroalimentare e i guadagni che ne derivano sono in mano a un sistema che distrugge la concorrenza e la legalità, soffocando l’imprenditoria onesta, ma anche compromettendo inevitabilmente la qualità e la sicurezza dei prodotti, con gravi effetti sulla salute dei consumatori, la tutela ambientale e l’immagine dei prodotti italiani, in Italia come all’estero.
Ma non essere complici si può! Si può prediligere la filiera corta e creare rapporti di fiducia con chi si prende cura della nostra alimentazione. Si possono costruire relazioni attorno al cibo basate sulla conoscenza e sul rispetto. Si possono creare comunità in cui consumatori consapevoli e produttori responsabili stanno dalla stessa parte: quella del bene comune. Così da non trovarsi soli di fronte a ricatti, minacce e abusi.
Solo trasformandoci da consumatori passivi a consum-attori attivi o, magari, co-produttori, potremo davvero cambiare le cose: per noi stessi, per il pianeta, per i lavoratori.
La GDO con un po’ di marketing, pubblicità e qualche super sconto vorrebbe oscurare tutto ciò che sta dietro alle merci che vende: sfruttamento, caporalato, inquinamento, mafia… Per fortuna non sempre ci riesce!
Le informazioni girano e le scuse sono sempre meno: ora sta a noi non girarci dall’altra parte e iniziare ad agire, partendo dalla nostra spesa.
Vivere senza Supermercato significa anche questo. E molto altro ancora…