Oggi vendemmia al nostro campo! In che senso nostro? Nel senso NOSTRO. Di tutti coloro che qualche mese fa si sono imbarcati in questa bella avventura.
Prendiamo un vigneto in condivisione! Facciamoci il nostro vino!
Un’idea folle che è diventata ben presto un progetto concreto e che tra qualche mese diventerà un ottimo vino.
Come?
Metti insieme un sociologo visionario, esperto in economia della gioia. Un terreno abbandonato e maltrattato, concesso quasi gratuitamente (inizieremo a pagarlo dal terzo anno). Una ventina di persone che, ognuno con le sue possibilità, mettono una quota (che va dai 50 ai 3000 euro). Tre donne meravigliose che non vedono l’ora di potare con amore qualche vite bisognosa delle migliori attenzioni. Le loro mani e i loro saperi. Un agronomo illuminato (esistono!). Una squadra di vendemmiatori inesperti ma con un sacco di buona volontà. Dei vicini di campo entusiasti e gentili che mettono a disposizione attrezzature e braccia. Una cantina che baratta la propria quota con i locali e i macchinari.
Ed ecco fatto! Un progetto reale di economia solidale, locale, sostenibile e soprattutto reale, in grado di:
- dare lavoro a diverse persone (pagate equamente),
- riqualificare e difendere un pezzetto di terra dimenticato,
- produrre vino buono senza veleni a un prezzo accessibile,
- valorizzare conoscenze che si stavano perdendo,
- generare ricchezza per un territorio,
- creare comunità e relazioni vere.
A qualche chilometro le ruspe stanno spianando intere colline perché lì dovrà sorgere il più grande centro di distribuzione di Amazon del centro Italia. Cemento, camion, inquinamento. La cattedrale del consumismo inutile, della plastica e del lavoro automatizzato. Ci passiamo davanti con malcelata tristezza.
Dove la terra è custodita certi scempi non avvengono, o avvengono con più fatica. Occupiamo i campi, ci diciamo. Occupiamo gli spazi dimenticati, non lasciamo soli i contadini, non abbandoniamo la campagna. È lì la nostra salvezza. Non possiamo più permetterci di delegare la produzione del nostro cibo a poche multinazionali che producono spazzatura.
Il prossimo anno, quindi, con lo stesso metodo “societario-solidale” oltre al vino ci autoprodurremo anche grano e legumi. E poi chissà. Da cosa nasce cosa, se si semina bene.
Ps. Chi volesse far parte di questa avventura può contattare Arduino Fratarcangeli (e restare incantato da cotanta pragmatica, rivoluzionaria, energia).