Non c’è pace ancora per la terra pugliese. Dopo migliaia di ulivi abbattuti e migliaia ancora da abbattere, ora è il turno degli alberi da frutto, mandorli e ciliegi in primis: fiore all’occhiello di una produzione di qualità e di una florida economia locale. Intanto la Regione continua a imporre pesticidi sul territorio: sostanze tossiche e nocive per gli uomini, gli insetti impollinatori e l’ambiente tutto. Costretti ad avvelenare. Un caso unico in Europa! Ne ho parlato questo mese su Terra nuova…
Il motivo ufficiale da anni è sempre lo stesso: «disposizioni per fronteggiare il batterio xylella». Per alcuni una vera e propria epidemia da contenere e combattere con ogni mezzo, per altri una patologia endemica utilizzata come pretesto da alcuni portatori d’interesse per favorire un cambio di modello – agricolo, economico e sociale – a discapito del territorio e della sua popolazione.
Fino ad oggi in Puglia il bersaglio dei monitoraggi e delle eradicazioni è stato sempre e solo l’ulivo. Da quando la zona interessata è salita verso Bari, scopriamo però che gli alberi da abbattere sono altri. Sapete cosa significa? Abbattere mandorli e ciliegi nel barese vuol dire cancellare il fatturato di intere aziende agricole, mettendo sul lastrico tutte le famiglie che vivono di questi frutti. Per ogni singola pianta infetta oggi la legge prevede la distruzione dei 50 metri di vegetazione circostanti: 6-7mila metri quadri di ciliegi, mandorli, ulivi. Cifre considerevoli, basti pensare che un ettaro di ciliegio può fruttare anche 40mila euro in un anno.
«È la religione dello scientismo quella che assume un atteggiamento sacerdotale, colpevolizzando l’essere vivente per la sola ragione di essere vivente. Se l’albero d’ulivo esiste, se la sputacchina esiste è portatore di contagio e quindi deve essere sacrificato a vantaggio dell’umanità; in realtà di una parte dell’umanità, spesso limitata, ma comunque impegnata a imporre la propria visione».